Vietnam e Usa: gioie e dolori del commercio internazionale

La Commissione UE ha dato il suo via libera all’accordo commerciale e di investimento con il Vietnam: mancano così solo le formalità della firma e della conclusione.

L’intesa elimina i dazi sulle merci, ma è giuridicamente vincolata a uno sviluppo sostenibile, ovvero al rispetto dei diritti umani, del diritto del lavoro, della protezione dell’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici, con un riferimento esplicito all’accordo di Parigi. L’accordo eliminerà più del 99% dei dazi doganali sulle merci oggetto di scambi tra le due parti: il Vietnam eliminerà il 65% dei dazi all’importazione sulle esportazioni dell’Ue dall’entrata in vigore dell’accordo, mentre il resto dei dazi verrà gradualmente eliminato nel corso di un periodo di 10 anni, per tener conto del fatto che si tratta di un Paese in via di sviluppo.

“Si tratta dell’accordo più ambizioso mai stretto con un Paese in via di sviluppo, è una pietra miliare che apre la strada ad altri accordi con la regione asiatica, ha dichiarato la commissaria UE al commercio, Cecilia Malmstroem, invitando Europarlamento e Consiglio a dare il loro placet.

Lontana ancora da una soluzione, invece, la vicenda Ue-Usa. Dopo l’incontro tra il segretario al commercio USA, Wilbur Ross e la stessa commissaria UE al commercio, Cecilia Malmstroem, il segretario americano ha dichiarato: “C’è bisogno di progressi tangibili, la pazienza del presidente non è infinita“. A sua volta la Malmstroem ha dichiarato in conferenza stampa: “Non abbiamo ancora cominciato a negoziare, prima serve la definizione dell’ambito dei negoziati e in seguito dobbiamo chiedere un mandato al Consiglio. Noi abbiamo detto che siamo pronti a farlo sui beni industriali, ma per ora non c’è interesse da parte degli USA”. Pronta la risposta di Ross che ha definito “inesatta” la ricostruzione della commissaria europea ed ha sottolineato che il negoziato non è stato concepito per durare degli anni, ma per essere “rapido e portato avanti in uno spirito di cooperazione”.

In attesa di maggiore chiarezza, questi timori sul futuro non fanno bene all’economia internazionale.

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