Denim Première Vision

Una vivace Milano, rifugio sicuro del denim

Fantasia, creatività, vivacità ma anche esperienza, know-how e tradizione: Milano ha confermato nel primo giorno di Denim Première Vision di essere il porto giusto per la nave blu carica di jeans, e non solo.

Un approdo sicuro per chi cerca nel salone un momento di incontro e di approfondimento, senza dimenticare la parte più legata al business. Al Superstudio Più di via Tortona la prima giornata di salone è stata caratterizzata da una ottima affluenza in spazi ormai ben collaudati e pronti per ospitare anche le due edizioni della fiera nel 2024.

A “vegliare” su tutto e tutti c’è Fabio Adami Dalla Val, responsabile del salone con pieni poteri conferitigli dai vertici francesi di PV. Due (e anche molte di più) parole per tutti mentre il salone si anima e si prepara alla festa di fine giornata con vino e formaggio di qualità, in pieno stile italiano.

Milano ha risposto bene anche stavolta?
Pure meglio dell’ultima volta, direi. La fiesta continua a crescere, lo capisco dalla soddisfazione degli espositori. In attesa dei numeri finali sui visitatori direi che l’impressione è positiva. Sono già venuti molti brand di primissima fascia e la città si è fatta trovare pronta, dando l’idea di poter essere la capitale del denim moderno.

Quindi è meritato il ruolo di sede fissa, almeno per tre edizioni?
La scelta di fare di Denim PV un evento itinerante resta e sarà portata avanti ma in questo momento Milano, con i suoi musei della moda e la sua posizione baricentrica, è un passo avanti. Berlino invece è penalizzata proprio dalla posizione geografica e da una certa difficoltà a raggiungerla. In questo particolare momento storico dare stabilità e riferimenti sicuri a espositori e visitatori ci è sembrata la scelta migliore. In più, facendo la fiera nello stesso luogo, possiamo migliorare i dettagli di volta in volta.

E’ una scelta appoggiata in pieno dal management di PV?
E’ la fine di un percorso iniziato da Chantal Malingrey, proseguito con Guglielmo Olearo e adesso con Igor Bonnet. Da loro ho sempre avuto carta bianca per poter attuare le mie idee.

Nei padiglioni non c’è solo denim,
Mi piace la parola “contaminazione” e quindi abbiamo voluto portare, per esempio, anche prototipi di moto elettriche, per dare ispirazione per il futuro e non far restare il denim chiuso in un solo ambito.

In molti ci sono, qualcuno manca. Chi vorresti vedere in fiera che invece non c’è?
Vorrei che ci fossero anche dei player del mondo delle fibre, come ad esempio Lenzing o Lycra, alcune aziende legate alla tracciabilità dei prodotti, un paio di nomi pakistani ed altrettanti turchi, oltre a italiani come Albiate e Candiani. Non mi dispiacerebbero più italiani, anche se i 23 di quest’anno sono un record.

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