Conversione più che chiusura, in molti casi l’industria tessile si è rimboccata la maniche per dare un aiuto in questi tempi difficili. A partire dai grandi marchi. Il gruppo LVMH ad esempio – che possiede 75 maison, tra cui i marchi Louis Vuitton, Fendi, Loro Piana per l’abbigliamento e Givenchy, Christian Dior, Guerlain per la profumeria e cosmetica – produrrà gel disinfettante. “Data la scarsità di gel disinfettanti in Francia, Bernard Arnault ha dato ordine ai reparti Profumeria e Cosmetica del Gruppo LVMH di riconvertire il lavoro dei suoi siti per produrre sostanziali quantitativi di gel alcolici disinfettati da fornire alla pubblica autorità” si legge in una nota del Gruppo. I gel saranno “forniti gratuitamente alle autorità sanitarie francesi, con priorità” ai 39 ospedali pubblici dell’assistenza sanitaria di Parigi (AP-HP); un’iniziativa che continuerà “per tutto il tempo necessario”, assicura il gruppo. Dodici tonnellate saranno prodotte nel corso della prima settimana, e ancora di più in seguito.
In Italia, il gruppo Miroglio ha avviato la produzione di mascherine in tessuto ad uso sanitario da distribuire nelle unità mediche del Piemonte. In Cina, invece, la fabbrica di Hunan Sunny & Sandy Toy Manufacturing Co, che prima dell’emergenza produceva giocattoli di plastica per alimenti per clienti come Disney, ora ha trasformato 38 dei suoi 40 set di attrezzature per passare alla produzione di termometri a infrarossi.
Anche realtà più piccole hanno intrapreso la stessa strada, come l’azienda di abbigliamento Ade di Castiglion Fiorentino, che ha fermato la produzione ordinaria e ha mantenuto attiva una piccola catena per produrre mascherine in cotone da distribuire gratuitamente all’ospedale San Donato di Arezzo, a farmacie e associazioni.
Anche la Artemisia, azienda tessile di Castel Goffredo (Mantova) con 25 dipendenti, che solitamente produce abbigliamento intimo esternabile e tecnico ha avviato la produzione di mascherine, ma senza aspettare la certificazione ufficiale dell’Istituto superiore di sanità. “All’inizio ero restìo, perché sapevo di non poter produrre in tempi brevi un prodotto che potesse essere certificato come dispositivo medico – ha commentato Stefano Bottura, titolare e tecnico aziendale dell’impresa – Ma poi l’Ospedale di Bergamo ci ha detto: qualsiasi cosa è meglio che usare le lenzuola tagliate. E allora abbiamo cominciato a produrre: ne facciamo 10 mila al giorno, ma potremmo arrivare a farne di più”.
Lo stesso ha fatto la Santini di Bergamo, azienda che produce abbigliamento tecnico per il ciclismo: “Abbiamo presentato alcuni prototipi, ora vediamo se verranno certificati. Poi stiamo pensando di realizzare anche mascherine lavabili e riutilizzabili”, racconta Elena Santini, direttore marketing. La capacità di produzione della Santini è di 4mila mascherine al giorno.