Luca Trabaldo Togna

"Il settore sta bene ma fateci lavorare"

Qualità, made in Italy, sostenibilità… ma anche pazienza e un po’ di rabbia per condizioni di lavoro che non sono propriamente uguali per tutti. Dagli stand di Milano Unica arrivano considerazioni sparse su un settore che nei tre giorni di Rho ha dimostrato di essere ancora vivo.

Intanto la fiera, soddisfacente per la stragrande maggioranza e ormai più che accettata nella sua nuova veste estiva. “Uno spostamento di data che ci ha portato più qualità e più internazionalità – dice Uberto Ciatti di Inseta – anche se l’anticipo ci mette maggiormente a rischio di copiature. Piuttosto ora è Première Vision che può sembrare tardiva rispetto alle esigenze dei clienti”. E restando su Parigi Ciatti ha anche una considerazione per Blossom: “L’abbiamo fatta – spiega – ma mi pare che stia già perdendo il carattere di esclusività ed elite che aveva all’inizio. Si è allargata molto e se diventa una fiera come le troppe che già ci sono non ha molto senso. A noi sono mancati i clienti francesi delle collezioni donna, per esempio; c’è il rischio che troppe fiere facciano abbondare l’offerta rispetto alla domanda”.

Debutto a Milano Unica per Co.Mi.Stra. e impressione positiva: “Abbiamo percepito – dice Fabrizio Tesi – la sensibilità dei clienti verso i prodotti sostenibili e per noi che lavoriamo sul riciclato da anni e anni è un fatto positivo. Ci è piaciuta questa voglia di articoli che raccontano l’economia circolare. Abbiamo visto clienti da tutta Europa, tranne gli inglesi e ci dicono che potrebbe essere perchè la prossima settimana c’è la London Textile Fair da loro”.

Cashmere in bella mostra da Botto Giuseppe, soprattutto quelli della Naturalis Fibra, col tessuto che mantiene i colori del vello naturale, con la lana in arrivo da selezionatissimi fornitori cinesi: “La nuova data – dice Silvio Botto Poala – ha diviso i clienti che prima dovevano muoversi tra due fiere nel giro di una settimana mentre adesso ci sono anche possibilità di una preview. Noi arriviamo a Milano già con la collezione completa, solo la linea del jersey viene ultimata a settembre”. Ma per chi ha energia elettrica prodotta in proprio con fotovoltaico e idroelettrico e non tinge il vello la sostenibilità rende o costa? “Se è reale e trasparente – spiega Botto Poala – è un investimento che in futuro diventerà sempre più importante. Per i nostri clienti del settore lusso la sostenibilità e la tracciabilità di un tessuto sono un valore aggiunto”.

Luca Trabaldo TognaInfine Luca Trabaldo Togna, ad di Trabaldo Togna (nella foto a lato), quasi duecento anni di storia di tessile biellese, gruppo del quale fa parte anche la sartoria Santandrea: “La data è perfetta e la location idem – dice circondato dai prodotti al 100% naturali e con vicino un display che mostra le emozioni di Estrato e della sua elasticità naturale – perchè sono le soluzioni ideali per chi opera nella fascia alta. Siamo italiani ed i numeri dimostrano che questa fiera italiana ha successo”. Il sorriso svanisce, in parte, alla domanda “ma il settore tessile come sta?”: “Sta bene – dice orgoglioso Trabaldo Togna – nonostante il fatto di essere massacrati dal rispetto di tutte le regole possibili sui rispetti dell’ambiente, dei consumatori, delle leggi, del fisco. Siamo l’unico paese al mondo a farlo, sostenibilità e tracciabilità sono temi molto sensibili per i grandi brand del lusso, che recepiscono il messaggio, mentre chi fa fast fashion esula un po’ da questa serie di rispetti. Però poi vediamo che al porto di Napoli arrivano centinaia di container dalla Cina pieni di tessuti di ogni tipo ed i controlli sono a campione, mentre da noi viene regolarmente la Guardia di Finanza a controllare anche gli strappi della carta igienica e la quantità di spilli. Purtroppo la reciprocità non esiste”. 

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