Per capire come possono essere riusati o riciclati, valorizzandoli, i rifiuti industriali tessili Blumine ha dato vita ad un progetto assieme a Reverse Resources, specializzata nella valorizzazione degli scarti tessili.
Il tutto, come racconta Marco Ricchetti sul web, per conto dell’Unido, l’organizzazione delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Industriale, in Marocco, Tunisia ed Egitto. La sfida è di creare le condizioni per lo sviluppo di una filiera locale del riciclo dei rifiuti tessili post-industriali scarti di filatura, tessitura e taglio nella confezione, materiali difettati o di seconda qualità.
Si sono associati come partner alcuni big della moda internazionale: Inditex (ovvero Zara, Massimo Dutti, Oysho, Berksha ed altri), Benetton, Hugo Boss, Nudie Jeans, PVH (Calvin Klein e Tommy Hilfiger) e alcuni locali come i Ministeri dell’Industria e dell’Ambiente di Tunisia e Marocco, l’università tessile di Casablanca e Cettex, il centro tecnologico per il tessile di Tunisi. In Tunisia partecipano al progetto anche l’agenzia nazionale per la gestione dei rifiuti e quella delle dogane.
Le attività sono già iniziate in Marocco e Tunisia e si estenderanno all’Egitto nella seconda metà del 2020. E’ in realizzazione la prima mappatura degli scarti tessili, per tipo, qualità, volumi e fibra e per ora la maggior parte dei rifiuti è senza valore, destinata alla distruzione.
Dopo la fine del mese di Ramadan, Blumine e Reverse Resources selezioneranno alcuni progetti pilota che sperimenteranno l’applicazione di sistemi di selezione degli scarti per fibra, tipo e colore presso le aziende di produzione e la collaborazione con aziende che effettuano il riciclo e con filature con il coinvolgimento dei marchi interessati a dare una seconda vita agli scarti, possibilmente, ma non necessariamente con la produzione di capi in materiali riciclati.
Nel progetto sono già coinvolte oltre 40 aziende locali nei due paesi con l’obiettivo di raggiungere le 200 entro la fine dell’anno.
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