Ogni debutto di Pitti Uomo, sia pure virtuale come questa volta, non è solo il momento per ammirare le nuove collezioni ma anche per fare il punto sullo stato di salute della moda italiana, grazie ai dati congiunturali elaborati dal Centro Studi di Confindustria Moda.
Ovviamente il 2020 va in archivio come annus horribilis e la moda maschile italiana (confezione, maglieria esterna, camiceria, cravatte e abbigliamento in pelle) registra perdite senza precedenti, sia per l’export che per il deterioramento dei consumi interni. Il fatturato dovrebbe subire una contrazione nell’ordine del -18,6% rispetto al 2019, portandosi a poco meno di 8,3 miliardi di euro e bruciando, così, quasi 2 miliardi in dodici mesi.
Tutti i singoli micro-comparti hanno un segno negativo, ma il settore cravatte presenta un grave crollo. In calo anche la produzione (-18,9%). Per l’export si stima una variazione del -16,7%, del -17,9% quella dell’import.
Il quadro dei mercati internazionali è valutato sui primi nove mesi dell’anno: la UE cede il -14,5% di export e il -18,2% di import; le piazze extra-UE vanno a -19,2% per l’export e -20,1% per l’import. Tutti negativi i principali paesi di sbocco, a parte la Corea del Sud.
I primi due mercati (Svizzera e Germania) scendono del 6,2% e 9,2%; -12,8% per la Francia, mentre Regno Unito, Stati Uniti e Spagna raggiungono tassi di decremento superiori al -20%. Il Giappone arretra del -10,4%, la Cina del -17,2%, Hong Kong del -31,2%. +1,9%, per la Corea.
Nello specifico all’estero la confezione cede il -18,2%, la maglieria il -14,0%. Mentre camiceria e abbigliamento in pelle arretrano rispettivamente del -21,5% e del -18,5%, le cravatte calano quasi del -40%. In Italia invece, a valore, confezione a -4,2%, abbigliamento in pelle a -6,8& e cravatte a -9,2%. Un po’ meglio la maglieria esterna (-2%) e la camiceria chiude (-2,9%).
Numeri che migliorano leggermente se calcolati in volume: maglieria -0,9%, confezione in pelle -1,6%, ma camiceria a-4,3% e cravatte a -5,2%. Alla voce canali di vendita resistono catene e franchising ed e-commerce, con un +5,3% e un +24,5%.
Per il 2021 le previsioni non sono rosee, anche se la ripresa sui mercati asiatici già in parte segnalata, può essere di qualche conforto.