I dati preliminari elaborati dal centro studi di Confindustria Moda per Sistema Moda Italia e presentati in occasione di Milano Unica (in modalita web) sembrano confermare i timori, e nemmeno i peggiori, sul calo del tessile italiano nel 2020.
La diminuzione del fatturato dovrebbe essere appena inferiore alla cifra del 30% indicata come auspicata, per non dire auspicabile, dalla maggior parte degli imprenditori in pieno lockdown: alla fine nel 2020 il settore della tessitura dovrebbe aver lasciato per strada più di due miliardi di euro, ovvero il 27,4%.
A livello di comparti si va da perdite del 25% a quelle del 30%, con la sola eccezione della tessitura a maglia, che ha contenuto il calo al 15,5%. Ancora più duro il responso per la produzione, calata del 28,3%, mentre l’occupazione, con l’ampio ricorso alla CIG Covid-19 e a tutte le altre misure messe in campo per fronteggiare l’emergenza, è calata relativamente poco senza superare il 4%.
L’export dovrebbe cedere il -26,7% su base annua, l’import il -25,7% (Europa -25,2%, extra UE -31,4%, con la Cina a -32,4%). Le performance peggiori, -40% ed oltre, per gli Stati Uniti, il Portogallo, il Giappone e Hong Kong. Sul mercato interno invece la flessione dovrebbe essere del 28,9%.
La tessitura ortogonale ha avuto dinamiche negative già alla prima manifestazione del virus (-11,5%) per poi crollare nel periodo aprile-giugno (-38,5%) e risalire leggermente da luglio a settembre (-31,4%). Poco meglio la tessitura a maglia (-22,1%, -41,8% e -6,6% grazie alla crescita tendenziale in agosto).
Nell’arco dei nove mesi quindi il dato è -27% nel caso della tessitura ortogonale e -24,9% per la tessitura a maglia. E nell’ultimo trimestre la tendenza è stata molto simile.
Infine l’export per le tipologie di tessuto: tessuti a maglia -15,8%, di cotone -28,6%, di lino -25%, in pura seta -35,5%, seta in fibre chimiche -25,2%. I tessuti cardati calano del 25,8%, i pettinati del 43,1%.