L’ambiente di Techtextil a Francoforte è meno frenetico rispetto a ITMA: stand più piccoli, c’è il tempo per qualche scambio di battute con ospiti, visitatori e clienti, non c’è il rumore dei macchinari in funzione a ricordarti che sempre di meccanotessile si parla.
Ma alla fine si è in fiera per fare affari e per lavorare e quindi ci sono ruoli, numeri e bilanci da fare. Per i costruttori di macchine tessili italiane il riferimento è uno, il presidente di Acimit Marco Salvadè, a Francoforte nella doppia veste di rappresentante dei colleghi e di imprenditore.
In realtà nel raggio di venti metri ci sono anche i due past president, Raffaella Carabelli e Alessandro Zucchi (“ho più impegni ora di prima” dice scherzando) ma tocca a Salvadè tirare le somme di un mercato che, a dieci mesi da Itma, sembra sonnecchiare.
“Sono stati dieci mesi di calo a livello mondiale e purtroppo nel post Itma, quando avremmo dovuto raccogliere gli effetti delle visite negli stand, c’è stata una flessione della domanda ovunque, dai mercati più grandi ai più piccoli”.
I motivi?
Sono problematiche economiche dei singoli Paesi, alcuni dei quali non permettono neppure l’uscita di valuta verso l’estero e consentono l’apertura di linee di credito solo per alimentare e farmaceutica. Il tessile non ha un’importanza così primaria. Le guerre non danno stabilità e le produzioni post Covid hanno riempito i magazzini in modo incredibile e le scorte non sono ancora smaltite.
Cosa può dare un salone come Techtextil in più rispetto a Itma?
Il fatto che Acimit e Ice abbiamo organizzato uno spazio così importante dimostra che la ricerca delle aziende è sempre viva e che dobbiamo sempre dare soluzioni nuove e alternative al mercato, anche per affrontare i grandi costruttori mondiali, ovvero i cinesi.
Sta cambiando la geografia della concorrenza per il meccanotessile italiano?
I competitor, così come i mercati di riferimento, sono sempre gli stessi. C’è la Cina, su tutti, e poi Turchia e India, mentre sono in calo Pakistan e Bangladesh. Il nostro export per il 40% riguarda l’Asia, il 18% le Americhe, il resto è in Europa. La Turchia sta migliorando la produzione tessile, ma a livello di meccanotessile è ancora indietro rispetto a noi.
Il suo “post Zucchi” sarà all’insegna della continuità?
La continuità è importante perché vuol dire confermare quanto di buono fatto in precedenza, non solo da Zucchi. Io spero di avere occasioni per migliorare la situazione attuale e di sfruttarle al meglio, insieme al team di Acimit. Spesso le innovazioni arrivano dalle richieste del mercato, così come le nuove frontiere. Fino a qualche anno fa il mercato uzbeko, per fare un esempio, era inesistente, poi è sbocciato. A giugno andremo ad esplorare il mercato del Turkmenistan, per scoprire cosa ci potrà dare.
Acimit e l’intelligenza artificiale. Siete pronti?
Questa è un’opportunità e un rischio al tempo stesso. Opportunità perché in certe condizioni aiuta a migliorarsi, ma come in tutte le cose non bisogna andare all’eccesso, come accadde per Internet agli inizi. Bisogna capire qual è il limite e fin dove si può arrivare.