H&M

L'esperto – Il ruolo essenziale della filiera

Cosa c’è in comune tra la crisi di H&M, la conferma dell’ascesa di Zara e dei suoi numerosi brand, le recenti acquisizioni di terzisti da parte dei grandi gruppi del lusso ed il Distretto di Prato?
Direi tanti aspetti, tra cui l’appartenenza ad un settore di lunga tradizione e che non può essere che considerato globalizzato a seguito della competitività e della ricerca del miglior rapporto qualità/prezzo. Una delle questioni centrali del settore riguarda infatti la filiera, quel mondo immenso costituito da un indotto non conosciuto e non affermato come i brand ma composta da una miriade di terzisti: filature, tessiture, tintorie, rifinizioni, confezioni.

La crisi di H&M, ormai consolidata, in un anno ha portato alla riduzione di un terzo della capitalizzazione di borsa del colosso svedese. I motivi sono legati al forte calo delle vendite, agli enormi stock da smaltire e alla politica sottocosto attuata. Di contro il modello della Inditex, non molto dissimile, sta continuando il suo trend positivo di vendite grazie all’incremento di quote di mercato dei suoi numerosi brand (Zara, Pull&Bear, Massimo Dutti, Bershka, Stradivarius, Oysho, Zara Home e Uterqüe). La differenza principale sembra riguardi la localizzazione della produzione, studiando infatti la filiera di Inditex è molto incentrata nei paesi del Mediterraneo (Spagna, Portogallo, Marocco e Turchia) con una velocità nella gestione della logistica che centra in pieno il concetto di Fast fashion, elemento particolarmente centrale delle grandi catene di abbigliamento. H&M ha invece rapporti consolidati con i paesi asiatici, riscontrando dunque una maggior dispersione di tempi e non riuscendo a cavalcare il passo di Inditex.

La difficoltà di percorrere in tempi rapidi il fast fashion è anche uno dei motivi delle attuali difficoltà del gruppo Benetton, uno dei precursori di questo tipo di offerta fin dagli anni ’90. Il gruppo Benetton ha chiuso il 2017 con una perdita “monstre” di 180 milioni di euro, che si aggiunge alle altre gravose perdite degli anni precedenti ma che mai aveva avuto una entità di tale portata. Il fondatore Luciano Benetton ha ripreso in mano la gestione dell’azienda intenzionato ad un rilancio importante, grazie anche al supporto del socio Edizione, holding della famiglia, pronto a ricapitalizzare per 100 milioni di euro. La filiera di Benetton è incentrata nei paesi dell’Est Europa, Tunisia e indotto in Nord Africa. Sempre nell’ottica di controllare la filiera e di assicurarsi terzisti di livello a stretto raggio sembrano incentrarsi le ultime politiche di acquisizioni dei brand del lusso. Di recente Burberry ha siglato l’acquisizione di CF& P di Scandicci (storico terzista non esclusivo del gruppo Inglese) così come Furla ha acquisito la EFFEUNO srl di Tavarnelle Val di Pesa. Anche i fondi sgr hanno compreso quanto la filiera possa avere appeal tra i grandi brand ed hanno iniziato ad investire nel settore, come di recente ha fatto il fondo Consilium con la River di Fucecchio, produttore di sneaker.

Le operazioni di Burberry e di Furla sono significative dell’importanza della filiera, entrambe hanno acquisito terzisti con un expertise ed un know-how consolidato per la propria produzione in esclusiva, limitando dunque il rischio di produzioni condivise ma soprattutto con lo scopo di ottimizzare e controllare i tempi di produzione ed i costi relativi. Il bilancio 2017 di Effeuno conferma che l’azienda terzista ha beneficiato dell’esclusività del nuovo gruppo con una produzione in aumento del 30 per cento sebbene con una riduzione di marginalità. A fronte di un fatturato di oltre 100 milioni di euro l’utile ante imposte si attesta a 3 milioni e 300 mila euro e le prospettive appaiono positive grazie al trend del gruppo Furla.

E il distretto di Prato? Ancora in assenza di significativi bilanci 2017 stiamo però riscontrando che alcune importanti manifatture ed operatori hanno preso in considerazione i Progetti di filiera. Con il supporto infatti di banche e società di factor sono allo studio forme di finanziamento particolari che coinvolgano il committente e la lavorazione in modo da migliorare la liquidità delle lavorazioni che necessitano di incassi veloci ma che, al tempo stesso, non gravi la tesoreria dei lanifici. La particolare gestione della tesoreria dei Lanifici è infatti caratterizzata da cicli di incasso molto lenti da parte della clientela, in particolare da quella appartenente al mondo del lusso (talvolta si sforano i 150 giorni dalla data fattura). I prodotti finanziari allo studio sono molteplici, in generale appartengono al mondo del factor e consistono in operazioni baciate in cui la manifattura accetta la cessione dei crediti che vantano le aziende della propria filiera che, operando in un contesto di convenzione, avrebbero il grande vantaggio di avere tassi accettabili legati più alla solvibilità del committente che alla propria ed evitando così di disperdere risorse da reinvestire in azienda.

Proprio in considerazione dell’importanza della filiera e dell’indotto del tessile dovremo cercare di sviluppare questo concetto, anche con la partecipazione del mondo bancario ed assicurativo. D’altronde uno studio di una delle principali banche nazionali ha confermato che la leva finanziaria per le imprese italiane è prevista in ulteriore riduzione anche nel prossimo triennio, che significa meno soldi alle aziende penalizzate dal rating. In pratica il mondo dei terzisti costituito da microimprese, aziende familiari e ditte individuali rischia di essere particolarmente penalizzato ed il Distretto di Prato, riconosciuto in tutto il mondo per il proprio expertise, non può certo permetterselo.

Francesco Bianchi, Analista Credito Senior

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