Sulla vicenda della stireria di Oste di Montemurlo, in provincia di Prato, chiusa e riaperta per ben 3 volte in 20 giorni nonostante fosse risultata irregolare dopo l’intervento delle forze dell’ordine, anche per la presenza di 20 lavoratori clandestini (15 cinesi, due nigeriani, due ghanesi e una pachistana) è intervenuto Francesco Viti, presidente di Federmoda Cna Toscana Centro che condivide il forte disappunto espresso sia dal sindaco di Montemurlo Mauro Lorenzini che dal Segretario CGIL Massimiliano Brezzo.
“E’ davvero allarmante – dice Viti – prendere atto di come a Prato, malgrado le leggi e l’impegno delle forze dell’ordine, non sembri possibile sradicare il fenomeno della concorrenza sleale, né colpire con severità chi lavora nel sottobosco dell’illegalità e dello sfruttamento della manodopera, come dimostra il caso inaccettabile della stireria di Oste. Come CNA abbiamo costruito, e continuiamo a farlo, esperienze importanti e valide sul piano dell’integrazione, siamo in prima linea da anni per tutelare, insieme alle nostre imprese, tutto il distretto e chi ci lavora e appena un anno fa abbiamo sottoscritto con istituzioni e sindacati quel Protocollo per la legalità che voleva rappresentare una svolta in questa direzione. Non solo. Anche a livello nazionale CNA, con altre organizzazioni e i sindacati, ha sottoscritto per la prima volta la Certificazione del costo del lavoro, stabilendo cioè il costo minimo che qualsiasi impresa deve applicare per essere in regola verso i propri dipendenti.
scopriamo che a chi lavora nell’illegalità bastano poche migliaia di euro per aggirare norme, doveri e responsabilità,
A fronte di tutto questo, però, oggi a Prato scopriamo che malgrado i controlli, i sequestri, le denunce, a chi lavora nel sottobosco illegale bastano poche migliaia di euro per aggirare norme, doveri e responsabilità, e non si può più tollerare l’intollerabile perché proseguendo su questa strada la parte illegale soffocherà quella legale del distretto. Chiediamo quindi una severa applicazione dell’articolo 603bis del codice penale – che estende il reato anche gli imprenditori che sfruttano la manodopera in modo illecito, proprio come accade nel caporalato – ed è altrettanto fondamentale anche l’applicazione della responsabilità solidale verso i committenti, in modo che non siano più attratti solo dal minor prezzo ma tengano conto del livello di legalità delle aziende terziste. Per questo siamo ben disponibili ad aderire fin d’ora alla proposta della Cgil e a far parte della delegazione pratese che si recherà a Roma per discuterne nel merito direttamente con il Ministero dell’interno e il Ministero del lavoro”.
Immagine d’archivio