Alla scoperta di un sistema nuovo: i quattro giorni passati a Istanbul per IFCO ci hanno confermato alcune indicazioni, rivelato alcune novità e fatto capire come lungo il Bosforo non si sia mai affievolita la predisposizione al commercio e all’export.
Istanbul Fashion Connection sta lavorando per diventare grande e per farlo si affida all’esperienza delle fiere europee più importanti, sia del tessile che dell’abbigliamento, e all’aiuto delle istituzioni. E questa è una prima conferma di quanto visto altrove (ad esempio alla London Textile Fair ma anche a Parigi): il Governo è al fianco delle imprese e delle associazioni, con sovvenzioni e supporto a progetti di espansione e di internazionalizzazione.
Da un punto di vista organizzativo la manifestazione ha ancora un po’ di strada da fare: l’aspetto è ancora di un evento limitato al mercato turco (eccezion fatta per i numerosi russi), con qualche limite comunicativo (lingua e social network) delle aziende e dei brand e con numeri che, visto il ruolo di ponte tra est e ovest della Turchia, possono essere superiori.
Ma lo sforzo degli organizzatori, l’associazione degli esportatori Itkib, è notevole e capillare, così come ben delineati sono anche gli obiettivi per il futuro prossimo, ovvero per la terza edizione, quella di febbraio 2023. Gli spazi triplicheranno, al gruppo di espositori si aggiungeranno aziende di tutta la filiera e così l’indotto turco darà una immagine delle forza produttiva nella sua interezza.
Ed in questo la Turchia si distinguerà dagli altri Paesi della moda mondiale, dove il “monte” ed il “valle” hanno saloni ed eventi separati, perché la tempistica dell’una è opposta a quella dell’altra. Istanbul invece abbinerà produttori di tessuti e loro clienti, con un esperimento da seguire con curiosità e attenzione.
E poi va avanti il progetto di creare brand di moda in grado di misurarsi con i big di tutto il mondo, come confermato da Mustafa Pasahan, vice chairman di Itkib, il giorno dell’inaugurazione: nel 2023 la Turchia celebrerà il centenario della repubblica e la moda vuol essere un volano per le ambizioni di tutta una nazione, che nel fashion e nel tessile vede impiegate più di due milioni di persone.
La crisi è comunque arrivata anche qui, nonostante risorse naturali autonome e un reshoring notevole dopo il lockdown cinese: i costi sono saliti, i consumi diminuiti, le possibilità di ricavare utili diventano minori e le aziende affrontano tutte le difficoltà delle “sorelle” europee.