Il mal comune è davvero un mezzo gaudio? Questa la domanda che ci poniamo all’indomani di un giovedì che ha aperto una crepa molto ampia nella gestione dei problemi legati al tessile e forse anche nei rapporti tra i vari distretti.
La giornata, iniziata con la riapertura delle aziende biellesi è proseguita con la richiesta, in alcuni casi esplicita ed in altri più discreta, di riapertura anche per Prato e Como ma si è conclusa con la nuova chiusura anche per Biella. E senza nessuno felice.
Nel marasma di un giovedì 23 aprile che resterà alla storia come uno dei giorni più surreali di sempre sono naufragate, o hanno annaspato per non farlo, istituzioni e associazioni. A Biella, che sembrava aver tracciato la strada virtuosa verso la riapertura, l’accelerata data con l’uscita della notizia ha mandato in corto circuito il sistema di rapporti UIB-Prefettura e, dopo, Governo.
A Prato e Como, dove da un lato si cercava di riaprire affidandosi a raccolte firme e iniziative eclatanti e dall’altro si affidava l’opera di mediazione a politici e associazioni, prima si sono trovati spiazzati dal successo di Biella e poi, a fabbriche di nuovo chiuse, si sono dispiaciuti perché la strada indicata in Piemonte era stata di nuovo sbarrata.
A Como sono scesi in campo deputati e “alte sfere” per cercare di arrivare a una conclusione positiva, in Toscana, dal Governatore Rossi in giù, tutti si sono messi a protestare per la disparità di trattamento, in alcuni casi arrivando addirittura a chiedere ai deputati pratesi di dissociarsi dall’azione di governo, a Biella il prefetto Fabrizia Triolo ha probabilmente passato la giornata al telefono in linea diretta con Roma dove, vista la pressione degli altri distretti, non devono aver preso bene la fuga in avanti delle aziende biellesi.
Alla fine l’impressione è che alla frase “o tutti o nessuno” da Roma abbiano risposto con un salomonico “nessuno”, rimandando al 27 aprile (a questo punto previsione abbastanza ottimistica) la riapertura del tessile-abbigliamento in tutti i distretti.