La Federazione Italiana Industriali dei TessiliVari e del Cappello ha analizzato i dati Istat sulle vendite di cappelli nel 2021, comparati con il 2020 ed il 2019.
Non sono considerati gli effetti della guerra russo-ucraina: i mercati di questi due paesi rappresentano solo circa 8 milioni di euro, meno del 3% del totale.
Il comparto del cappello ha registrato un aumento sia delle esportazioni che delle importazioni, oltre che del fatturato risalito a 132 milioni di euro (+6,5%), dai 124 milioni dell’anno precedente. Calano invece le imprese, scese a 125 (-3,8%) rispetto alle 130 del 2020, e gli addetti, diminuiti a 2.020 (-4,7%).
Il rimbalzo non è però lineare per tutte le tipologie di prodotto: i cappelli di paglia pagano ancora dazio al calo post pandemia (era del 26,1%) e hanno anche un calo delle esportazioni (-13,7%) anche rispetto al 2020. La causa del calo è nella carenza dei flussi turistici, soprattutto provenienti dall’estero ed alle vendite della stagione estiva.
Bene invece i berretti, sia per le importazioni (+37,4%) che delle esportazioni che rimangono stabili a +50% rispetto anche al 2019 (+40,5%).
Il paese maggior fornitore resta la Cina con 53,4 milioni di euro (+23,5%), pari al 32% del totale importato.
Le esportazioni principali, oltre alla Svizzera con i suoi hub logistici e distributivi delle principali multinazionali del comparto del lusso, vedono sul podio la Germania (37,6 milioni di euro, +49,7%), la Francia (33,5 milioni di euro, +23,5%) e gli Stati Uniti (29,2 milioni di euro, +103,6%).
In controtendenza il Regno Unito (17,8 milioni di euro, -13,5%).