Filati e Brexit, due linee parallele che non si toccano

Come ogni altro salone legato al mondo dell’imprenditoria anche Pitti Filati non può isolarsi dal tema della settimana, l’uscita dalla UE della Gran Bretagna. Se mezzo mondo trema quello dei filati sembra ancora abbastanza tranquillo e nessuno si sbilancia sulle possibile conseguenze della scelta inglese: preoccupa di più, quello sì, il terrorismo che spara nel mucchio, come accaduto a Istanbul.

“Abbiamo die anni per capire che cosa succede – dice Sabrina Lovo di Millefili introducendo una tempistica ripresa praticamente in tutti gli altri stand – e comunque i nostri mercati principali rimangono Usa, Corea e Turchia e purtroppo i nostri clienti turchi sono fermi in patria”. “I nostri agenti in Inghilterra sono preoccupati – ammette Raffaella Pinori – ma noi là esportiamo di rimbalzo con prodotti fatti da nostri clienti. Non vedo una situazione così drammatica per noi filatori, più che altro c’è stato lo scossone sui mercati finanziari”.

“Gli sconvolgimenti portati dalla Brexit – conferma Francesco Lucchesi, già presidente del Consorzio Promozione Filati e titolare di Accademia e Industria Italiana Filati – riguardano la finanza e alla lunga si riassesterà tutto. Per noi la Gran Bretagna non è un mercato strategico e non lo è per molti altri filatori. Il mondo non si ferma qui, la gente in qualche modo dovrà andare nei negozi di abbigliamento e la produzione sarà fatta”. “Da imprenditore e da cittadino – dice Alessandro Bastagli nello stand di Lineapiù – sono preoccupato e penso che gli inglesi abbiano fatto una scelta azzardata. Per il nostro settore la Gran Bretagna non è determinante ma le incertezze sui mercati provocate dalla Brexit hanno portato ad una corsa al ribasso che non ci voleva, proprio mentre sembrava che stessimo uscendo dallo stallo degli ultimi anni. Comunque non è un dramma, credo che siano altri a preoccuparsi più che gli italiani perché chi vuol fare maglieria di qualità deve passare da noi. Credo però che alla lunga l’economia inglese soffrirà un lento declino; non è un caso che tutti gli apparati economici e finanziari fossero per il ‘remain’. Mi auguro anche che questo Brexit convinca chi comanda in Europa ad intervenire con politiche più adeguate perché questa che c’è ora non è un’Europa unita”.

Più preoccupato dalle bombe terroristiche che dalla Brexit anche il presidente di Confindustria Toscana Nord Andrea Cavicchi: “L’uscita del Regno Unito – dice – ha sicuramente un impatto sull’economia di breve periodo, anche se  a parte la svalutazione della sterlina per ora si è visto poco e comunque anche il cambio si risistemerà come sempre. Vediamoci anche qualcosa di positivo e cioè potremo avere un’Europa più europeista e attenta alle varie produzioni. La Gran Bretagna era contro il made in, adesso forse sarà più facile tutelare i nostri prodotti. In ogni caso adesso deve arrivare un governo che applichi l’articolo 50, la Regina deve firmare l’atto e dopo tutto questo iniziano i due anni per trovare gli accordi. In questo lasso di tempo può succedere di tutto in ogni parte del mondo, come dimostra Istanbul. Purtroppo questo tipo di terrorismo, con attentati imprevedibili, impatta di più sul nostro sistema, sullo spostamento di buyers e rappresentanti, sulla partecipazione alle fiere…”.

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