Fabric House e la seconda vita dei tessuti in magazzino

Non chiamateli rifiuti. Fabric House, un’azienda pratese con l’economia circolare come fulcro dell’attività, ha dato vita al Circular Fabric Standard (CFS) per dare ulteriore valore e prestigio alla propria filiera di tessuti second life.

Eccedenze, fine collezioni e scarti di magazzino sono oggi destinati ad avere un’altra chance e forniscono un nuovo utile modello di business in grado di generare valore economico riducendo i volumi dei rifiuti e fornendo a stilisti, designer e confezionisti materiali di qualità a prezzo contenuto. E soprattutto soddisfacendo almeno in parte la domanda di materiali senza consumare materia prima vergine.

Fabric House ha iniziato un percorso appoggiandosi a Centrocot per evidenziare il suo impegno nel recupero e nella rigenerazione di tessuti provenienti da sovrapproduzioni e dalle rimanenze dei brand più rinomati creando così un’etichetta ambientale coerente con la norma Iso Uni 14021: 2016.

“I nostri tessuti recuperati – spiega Rossella Scotton, ceo dell’azienda – riflettono nella loro circolarità il grande ciclo della natura, tessuti pregiati di alta qualità che altrimenti andrebbero distrutti vengono invece riportati nella filiera della moda, riducendone quindi l’impatto ambientale”.

Ogni anno Fabric House raccoglie, miglioriamo e rimette in circolo circa 110 tonnellate di tessuti, cioè più di 500.000 metri di prodotti pregiati, per la maggior parte di origine italiana, salvati dal deperimento in magazzino o peggio dalla discarica o dall’inceneritore. I tessuti CFS non comportano alcun consumo di materiali vergini e di risorse, richiedono un consumo minimo di energia e assicurano una considerevole riduzione delle emissioni di CO2 e della produzione di rifiuti”.

Il processo è stato validato da Centrocot che al termine di un audit ispettivo ha confermato la congruenza tra il contenuto della dichiarazione ambientale e i documenti messi a disposizione dell’azienda: “L’uso della norma Iso 14021 indica l’impegno di un’azienda a comunicare contenuti green sulla base di processi e dati verificati – dice Stefania Dal Corso, responsabile sostenibilità di Centrocot – e denota serietà da parte dell’azienda che sa distinguere con chiarezza le operazioni di marketing dalle performance ambientali che possono e devono essere misurate e tracciate. La norma spinge l’azienda a effettuare una sorta di autodiagnosi sull’intero flusso produttivo individuando criticità e aree di miglioramento. Tutto ciò in sintonia con il concetto stesso di sostenibilità”.

Fabric House sottopone anche una selezione dei tessuti recuperati a processi di rilavorazione come tintura, stampa, coating, plissettatura, sulla base di idee moda sviluppate dall’ufficio stile dell’azienda. Anche i terzisti che operano per conto di Fabric House, selezionati sulla base di rapporti fiduciari e prossimità, sono chiamati a condividere le finalità e gli standard di sicurezza chimica dell’azienda”.

“Chiediamo loro – conclude Scotton (nella foto piccola)- di condividere il nostro approccio sottoscrivendo il nostro codice etico e impegnandosi a adottare nello svolgimento delle lavorazioni gli standard di sicurezza chimica indicati dalla RSL di ZDHC”.

Fabric House contrassegna i tessuti recuperati con due etichette: rotonda e bianca quella di tessuti recuperati, ispezionati e quindi commercializzati, rotonda e grigia quella relativa a tessuti recuperati e rilavorati, come dice la scritta Creative Modification.

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