Intesa raggiunta al Parlamento Europeo sulla proposta di regolamento di modifica del nuovo sistema di calcolo dei dazi antidumping che si applicherà anche alla Cina. In base all’accordo le imprese europee non vengono caricate di nessun ulteriore onere della prova (che invece emergeva da una prima proposta della Commissione Ue) ed è mantenuto l’attuale livello di dazi sulle importazioni.
Obiettivo che ha guidato l’azione degli organi comunitari è stata la necessità di “proteggere gli interessi dell’industria europea” come ha sottolineato il ministro estone Urve Palo, che ha condotto i negoziati nel semestre di presidenza estone.
Soddisfazione da parte dell’Italia, espressa nell’immediato dal portavoce del PD Matteo Richetti: “Vengono rafforzate le misure anti-dumping in materia di lavoro e protezione ambientale. L’Europa riconosce che le regole devono valere per tutti e, soprattutto, tutela e valorizza la qualità del made in Italy. Siamo soddisfatti del lavoro svolto, che avrà importanti ricadute per la nostra economia – ha affermato – in particolare per quanto riguarda il mio territorio, si tratta di un’ottima notizia per i settori della ceramica, del tessile e della meccanica”.
Questo negoziato era importante perché da dicembre è scaduto il protocollo transitorio previsto dall’adesione della Repubblica Popolare al Wto. L’ex Celeste Impero puntava a un riconoscimento dello status di economia di mercato, con conseguente soppressione di molti dazi anti-dumping, osteggiato da Paesi come l’Italia e la Francia. Uno dei punti principali della nuova normativa invece è che decade la definizione tra economia di mercato e non: tutti i Paesi sono uguali, Cina compresa. Viene inoltre introdotto un meccanismo per difendersi dai concorrenti che distorcono i mercati. Se le imprese europee, i sindacati o gli stakeholder sospettano possibili distorsioni, compreso il dumping sociale e ambientale, possono segnalarlo alla commissione, che avvia un’indagine e redige un rapporto. Nel corso della procedura è previsto un contraddittorio e sarà l’esportatore a dover provare che non sono state attuate pratiche di commercio sleale.
Moderata soddisfazione anche da parte del ministro per lo Sviluppo economico Carlo Calenda: “Non è una soluzione ottimale, ma dobbiamo avere la consapevolezza di avere fatto tutto il possibile per ottenere un risultato positivo, il migliore possibile”; e da parte della vicepresidente per l’Europa di Confindustria Lisa Ferrarini: “La La proposta iniziale avrebbe regalato lo status di economia di mercato alla Cina, mettendo fuori mercato interi settori produttivi. Questo tentativo è stato sventato”.
Ora l’accordo dovrà essere formalizzato dal Consiglio europeo e votato in seduta plenaria dal Parlamento europeo in novembre.