Arrivano i primi esempi di un forte rallentamento
Hanno i contorni della cassa integrazione e della richiesta di finanziamenti le prime conferme dei danni provocati dal coronavirus alle aziende di Confindustria Toscana Nord.
Nell’area Lucca-Pistoia-Prato i dati raccolti ed elaborati dal Centro studi di Confindustria Toscana Nord sono chiari: il primo trimestre ha solo segni negativi. Nei primi due mesi i principali effetti negativi hanno riguardato le perturbazioni delle catene di approvvigionamento (Cina, altri paesi dell’estremo Oriente); dalla fine di febbraio invece e per la maggior parte di marzo, si sono concretizzati gli effetti negativi.
La produzione è stata in flessione del 6,8% (-2,4% a Lucca, -12,4% a Pistoia e -11,6% a Prato). I settori della moda hanno conseguito in generale i risultati peggiori e per il futuro in pochissimi si attendono miglioramenti. Le difficoltà hanno trovato riscontro nell’andamento delle richieste di cassa integrazione, soprattutto ordinaria ma anche straordinaria e in deroga, esplose ad aprile. A Pistoia e Prato, che ad aprile 2019 contavano rispettivamente 11.500 e 24.000 ore di cassa integrazione, siamo arrivati a 2,8 milioni e a 4,6 milioni.
Idem per la richiesta di credito sulla base del Decreto Liquidità: le domande complessive sono state 2.690 a Lucca, 1.783 a Pistoia e 1.656 a Prato; intorno al 90% delle richieste riguarda prestiti sotto i 25.000 euro, quindi spesso non ascrivibili all’industria, che invece è molto presente fra i richiedenti i finanziamenti di entità maggiore. I tempi di erogazione dei finanziamenti continuano a essere lunghi.
“Per Prato ci aspettiamo dati ancora più negativi nel secondo trimestre – dice il vicepresidente di Confindustria Toscana Nord Francesco Marini – ed aprile è andato perso interamente a causa del lockdown e la riapertura sta procedendo con estrema lentezza. La forza di Prato, quella di essere un distretto fortemente specializzato, in questa circostanza gioca contro l’interesse del nostro sistema economico. Il peso enorme del tessile-abbigliamento e delle attività collegate, come il meccanotessile e la chimica-plastica dedicate al settore, ha segnato il fermo pressoché totale del manifatturiero pratese. La vocazione all’export e la natura stessa del settore lo espongono a fattori di forte rischio, oltretutto dopo un 2019 tutt’altro che luminoso. Ci aspettano grandi mutamenti: dalla promozione, che deve reinventarsi, alle evoluzioni di un mercato che sarà verosimilmente più ristretto e forse anche più selettivo. Ci aiuta la propensione al cambiamento, ci penalizzano invece le conseguenze della lunga chiusura che ha segnato una battuta d’arresto nel nostro rapporto con i mercati”.