Sarà esposta nell’ ambito della cinquantaseiesima edizione di Filo la mostra “Ricucire il futuro”, un progetto interamente ideato e sviluppato dagli studenti dell’ITS TAM di Biella coordinati dalla professoressa Silvia Moglia, direttrice dell’istituto. La mostra/installazione nasce come omaggio alla grande couturière Coco Chanel nel cinquantesimo anniversario della sua scomparsa e, attraverso un accurato lavoro di analisi, comprensione e progettazione ripercorre gli aspetti fondanti del gusto della Maison, partendo dagli anni Venti del secolo scorso sino al nostro tempo ed alle sue tematiche.
Fra le tante valenze individuabili, la mostra è senza dubbio una stimolante riflessione sulla rivoluzione che la stilista ha apportato alla tecnica costruttiva delle stoffe di tipo drappiero adattandole al suo concetto di stile femminile fatto di una sapiente alchimia di logica, rigore, eleganza e bellezza.
Il concetto di Tweed
L’inizio del percorso vede una giovanissima Coco oltrepassare l’esotismo di Poiret e la sontuosità di Worth attraverso l’uso di tessuti maschili pensati per nobili “gentleman farmers” in momenti di svago, sport e attività venatorie. Questa tipologia di stoffe, caratterizzate dalla filatura cardata homespun di lane autoctone provenienti dalle varie isole britanniche, a “Mademoiselle” parve adatta per lo stile essenziale delle sue confezioni da contrapporre alla moda ispirata dall’Art Déco.
Queste stoffe, tuttora reperibili, possono essere genericamente definite come “Tweed”, ma ad una attenta analisi si prestano ad essere classificate in modo più preciso. Cheviot e Harris sono i prodotti più pesanti, ispidi e nervosi prodotti con lane rispettivamente provenienti dal Northumberland e dalle isole Ebridi. Queste ultime ancora oggi sono interamente realizzate con metodi artigianali nell’arcipelago e sono garantite dal tradizionale “The Harris Tweed Orb Mark”, il riconoscibilissimo simbolo a forma di globo sormontato dalla croce di Malta e decorato da 13 simboliche pietre preziose.
Lo Shetland, proveniente dall’omonimo territorio, è di mano più dolce, mentre particolarmente caratteristico è il Donegal, un Tweed prodotto in Irlanda con le peculiari proprietà di mostrare sulla superficie del tessuto una serie di bottoncini di lana a colori contrastanti rispetto il fondo e di essere rigorosamente intrecciato in armatura tela rispetto agli altri tweed citati, che sono invece tessuti con armatura di base batavia da 4.
La rivoluzione di Coco
Le stoffe citate erano poco adatte alla produzione di abiti femminili, sebbene asciutti ed essenziali; la professoressa Margherita Rosina, docente di Storia e Documentazione della Moda all’Università Statale di Milano, ci può aiutare a comprendere quale sia stata la prima trasformazione dei Tweed Chanel.
Come accadde anche in altre occasioni, Coco aveva la tendenza a romanzare le sue esperienze lavorative; in realtà, facendo ricorso come in precedenza agli album di tendenze pubblicati in quegli anni, si può facilmente constatare che produttori francesi come Meyer e Rodier, sul finire degli anni Venti, avevano in catalogo meravigliose lane cardate, leggere e morbidissime, solo apparentemente simili ai tweed scozzesi.
È possibile che questi campionari, risalenti al 1928-1929, fossero stati creati sotto l’impulso di Chanel che, grazie alla notorietà indiscussa di cui ormai godeva, aveva di certo il potere di influenzare i creativi dell’epoca nel settore tessile. Probabilmente fu proprio utilizzando intermediari come Rodier che, prima del 1930, Mademoiselle cominciò a far lavorare per sé i tessitori nei dintorni di Bohain; vi sono testimonianze orali di una sua visita “vêtue d’un tailleur rouge” alla ditta Bourgeois di Maretz, dove lavoravano una dozzina di telai a mano dediti a una produzione di nicchia destinata all’haute couture. Il passo successivo fu l’acquisizione dell’azienda stessa e la ristrutturazione della fabbrica, che dal catasto locale risulta essere, a partire dal 1932, identificata come “Lainages et jerseys Chanel”.
Com’è noto, la couturière ebbe un lungo ritiro a ridosso del secondo conflitto mondiale e ritornò soltanto nel 1954, in una scena presidiata da Maison Dior e dal New Look. Questa volta il successo provenne dagli Stati Uniti in cui si impose il tailleur Chanel, nobile connubio fra l’arte sartoriale della stilista e la creatività del lanificio Linton Tweeds; iconica è l’immagine in rosa di Jacqueline Bouvier Kennedy nel giorno del drammatico evento di Dallas.
Analizzando le immagini di quel periodo si possono intravvedere le caratteristiche del “Tweed gusto Chanel” della nostra contemporaneità, che sfrutta gli enormi passi avanti fatti nella tecnica dei ritorcitoi fantasia moderni. Anche in questo segmento di mercato i lanifici dei distretti tessili italiani hanno saputo diventare leaders mondiali nella progettazione e produzione di questo genere di tessuti.
Effetti di nodino di filatura, fiammati, bouclé e frisé sono sapientemente intrecciati con armature a stuoia, in cui le slegature permettono ai filati fantasia di flottare sulla superficie del tessuto mentre la consistenza e la legatura necessaria è garantita da filati pettinati più fini che lavorano in tela.
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Nella foto grande: Tweed gusto Chanel, Ricucire il Futuro, Spazio Cultura Fondazione CRB, Biella