Fiera che vai, Cna Federmoda che trovi. E spesso a rappresentare l’associazione è il suo responsabile nazionale Antonio Franceschini, accento emiliano ad ogni angolo del pianeta e presenza costante nel cuore degli eventi, che siano saloni o eventi, come Ricerca Moda Innovazione, solo per fare un esempio.
E per chi ha occhi in ogni continente è forse più facile avere contezza di un mondo in grande cambiamento come quello post Covid-19.
Cna Federmoda è stata da subito in prima linea durante lockdown e Fase2. Quali sono state le problematiche maggiori riscontrate da marzo a giugno?
Il nostro Centro Studi conferma che il ciclone coronavirus avrà un pesante impatto sulle imprese, che chiuderanno il 2020 con un calo del fatturato del 42% e tra i settori più colpiti c’è la moda (-56,7%). La crisi ha portato al ricorso agli ammortizzatori sociali per il 69,3% delle imprese con dipendenti (di cui il 51% con sospensione a zero ore). Il maggiore utilizzo si registra proprio nella moda (78,9%). Il peggioramento per oltre il 50% è il risultato della contrazione della domanda di beni e servizi e per il 15% dall’aumento dei costi per assicurare le misure di sicurezza. Il sentiment complessivo delle imprese non è catastrofico, ma orientato ad una ragionevole preoccupazione. La previsione di un ritorno alla normalità è individuato con il 2021. Per la moda si annunciano collezioni snelle e in questo contesto il “saper fare” delle imprese costituisce senz’altro la marcia in più del nostro Paese.
Vi siete battuti per il costo delle mascherine e il riconoscimento del made in Italy. Il Covid ha aumentato o diminuito la concorrenza tra “Ovest” e “Est”?
Si è sprecata un’altra occasione per riaffermare anche a livello istituzionale il valore del made in Italy come insieme di competenze e grande flessibilità del sistema produttivo. Come CNA Federmoda insieme ad altri partner abbiamo lavorato per costruire una filiera che potesse riportarci una produzione ormai delocalizzata dove il costo del lavoro è diverso a causa della mancanza del rispetto di condizioni sociali e ambientali. L’imposizione del costo a 50 centesimi ha ingenerato confusione e è lontana da una logica di produzione italiana ad eccezione che non vi siano interventi dello Stato sulle imprese. In Spagna il prezzo era stato fissato a 0,96 euro. Capiamo la necessità di non gravare sui bilanci familiari e delle imprese ma sarebbe stato opportuno porre più attenzione allo sforzo delle imprese per riconvertire parte della produzione e trovare una formula per giocare insieme come Paese questa partita. Si poteva abbattere l’IVA, defiscalizzare tali spese da parte del contribuente, mettere a disposizione voucher. Il valore del lavoro non è stato considerato una priorità visto che si continua a spendere in reddito di cittadinanza e non si investe su un comparto produttivo. Ė emerso in maniera palese anche per il consumatore finale quali siano le differenze tra il nostro modello sociale e produttivo e quello di Paesi da cui abbiamo importato tanto. Servirà a portare ad un consumo consapevole? E’ presto per dirlo, qualche segnale è pervenuto, ma anche comportamenti contradditori.
Avete partnership e collaborazioni in quasi tutti i continenti. Quale mercato si riprenderà prima?
Per le nostre imprese i prossimi mesi saranno di particolare difficoltà, con la necessità di individuare nuove modalità di presentazione, canali, modelli relazionali. Abbiamo confronti con partner in America, così come in Asia e in Africa; quella che viene presentata è una situazione socioeconomica drammatica. Dovremo consolidare rapporti con gli operatori internazionali che hanno competenze sul made in Italy, e con questi proporci anche attraverso il digitale. Sarà poi inevitabile ripartire dai nostri mercati più vicini, ovvero l’Europa.
Iniziative, programmi e idee di Cna Federmoda da settembre a dicembre?
Dobbiamo rilanciare una forte attenzione sul settore con un piano che preservi e rilanci il made in Italy e per farlo è necessario intervenire nell’ambito del sistema economico-istituzionale e della comunicazione globale. Il cardine è la filiera, tramandandone le competenze con politiche che riconoscano l’importanza di tutte le componenti produttive e che operino per sostenere formazione tecnica e professionale e trasmissione d’impresa. Le nostre capacità sono apprezzate all’estero dove importanti gruppi hanno adottato policy interne per cui una percentuale rilevante del materiale viene approvvigionata in Italia. Ora dobbiamo favorire l’inserimento di giovani leve e facilitare il passaggio di impresa. Sul fronte operativo stiamo intervenendo per promuovere la filiera in modalità digitale; per le imprese che si rivolgono al mercato finale con WeLoveModainItaly Digital. Poi rilanceremo il portale MoodMarket, sempre attivo come banca dati ma che potrà sempre più proporsi come piattaforma per l’incontro tra domanda e offerta. Infine la nostra storica manifestazione RMI–Ricerca Moda Innovazione che a settembre si proporrà con una serie di webinar come occasione di formazione e informazione per gli studenti, mentre il Concorso Nazionale Professione Moda Giovani Stilisti tornerà nel 2021.