Londra, i tessuti ci sono, la Brexit ancora no

Passano le edizioni ma non cambiano i pareri: la Brexit continua a restare fuori dalla porta alla The London Textile Fair e, al momento, il mercato sembra vivace. E’ questa la prima impressione degli espositori italiani al Business Design Centre di Islington, dove stamani si è aperta la fiera con centinaia di aziende presenti per presidiare un mercato talvolta di nicchia e talvolta invece molto importante.

Non è passata inosservata anche la grande crescita numerica di brand turchi che, sotto l’insegna dell’Ithib, l’associazione degli esportatori tessili di Istanbul, e con il motto “Touch and Love” si sono presentati in 58, superando così gli italiani, fermi a 52: sorpasso tricolore però se aggiungiamo le aziende presenti nell’area accessori, dove gli italiani sono 28 ed i turchi solo 4.

Tra gli italiani di ritorno a Londra dopo un periodo di assenza c’è la Manifattura Paola, per la quale la rinuncia di un altro lanificio italiano ha significato un ottimo spazio libero proprio nel cuore del centro espositivo: “Gli organizzatori ci hanno all’ultimo momento se volevamo rimpiazzare un’azienda che aveva deciso di non venire – spiega Giuseppe Landucci – ed abbiamo accettato. Faremo anche Première Vision e Munich Fabric Start ma siamo qui per coprire il mercato che comunque è vasto, anche perchè il notro range è ampio, partendo dalla fascia più bassa e arrivando a quella più alta”.

“L’inizio mi sembra positivo – dice Gianni Colombo, export manager di Dragoni – e per noi è importante perchè quello inglese è il secondo mercato per la collezione di tessuti per abbigliamento dopo la Francia, mentre il primo in assoluto è la Germania dove però vendiamo principalmente fodere. Per ora la Brexit non ha avuto alcun effetto, anzi abbiamo aumentato un po’ il fatturato e senza produrre articoli specifici per i britannici. Siamo conosciuti da molti anni come buoni fornitori di basici in cotone e cotone e lycra e quindi i clienti vengono a colpo sicuro”.

Inizio incoraggiante anche allo stand di Efilan: “Veniamo qui per i clienti che già conosciamo e che puntualmente ritornano – dice Federico Bruni – compreso uno molto importante grazie al quale quello inglese è il nostro miglior mercato estero. Effetto Brexit? Per ora impercettibile”.

Infine Stefano Rigotti, di Nalya: “Questa è una fiera – spiega – che non ci ha mai esaltato troppo ma neanche deluso; abbiamo un mercato limitato a 10-15 clienti ma il fatto che sia aperta a tutti, senza troppa selezione, fa arrivare allo stand anche piccoli stilisti che chiedono 5-10 metri di tessuto. Rispetto a prima però vediamo anche i gruppi più grandi, che ormai vengono regolarmente a guardare le collezioni. Sarà interessante vedere l’effetto che avrà il successo di Milano Unica a luglio; noi non abbiamo partecipato ma stiamo chiedendo se e quanti clienti inglesi ci sono andati perchè se il numero e la qualità fossero alti la London Fair potrebbe risentirne. Credo comunque che il mercato inglese non sia ancora pronto per un anticipo dei tempi così marcato, perchè molti stanno ancora guardando l’estivo e decideranno tardi cosa fare per l’invernale. In ogni caso la prima domanda che ci viene fatta è sul prezzo e forse, dopo la Brexit, questa attenzione al costo è un po’ aumentata”

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